Riabilitazione respiratoria IV

Riabilitazione respiratoria (RR) IV

Prof.Tommaso Todisco Primario di Pneumologia.

La divulgazione delle pratiche di RR nella BPCO deve partire dalla presa di coscienza delle nozioni fisiopatologiche basilari raccontate in maniera chiara e comprensibile a tutti.

Fisiopatologia della pompa respiratoria
La respirazione richiede una efficiente pompa ventilatoria ed una regolazione nervosa.
La pompa è rappresentata dai muscoli respiratori ed in particolare dal muscolo diaframma.
Quando si contrae il diaframma genera una pressione negativa nel torace che comporta l’ingresso dell’aria nel polmone. In corso di BPCO, a causa della iperinsufflazione enfisematosa del polmone, la cupola diaframmatica si appiattisce e perde la potenza muscolare.
I muscoli accessori della respirazione: i muscoli addominali, in inspirazione, coadiuvano nell’allungamento dei muscoli del diaframma coadiuvando nel migliore il rapporto forza-lunghezza delle fibre, .
Nella BPCO intervengono altri muscoli respiratori: accessori come lo sternocleidomastoideo e i muscoli intercostali. Anch’essi soccorrono il diaframma nel raggiungimento dell’ottimale punto di lunghezza per una potente contrazione.In posizione di decubito il diaframma è maggiormente coinvolto della respirazione.
Nelle malattie che determinano aumento del volume toracico ( asma, enfisema, bronchite cronica)si realizza una perdita di efficacia del muscoli respiratori nel generare pressione
L’energia necessaria a far funzionare la pompa muscolare (espressa in termini di consumo di Ossigeno/Ventilazione/minuto) aumenta nella BPCO con conseguente affaticamento del diaframma che, in inspirazione, invece di produrre una normale estroflessione dell’addome produce un rientramento paradosso addominale.
La tecnica di RR con respirazione a labbra socchiuse produce una modifica del pattern respiratorio con riduzione della frequenza respiratoria, aumento dell’utilizzo dei muscoli accessori ed abbassamento del diaframma. Utile anche l’allenamento degli arti superiori che comporta un minor consumo di ossigeno nell’eseguire le normali azioni quotidiane come farsi la barba, lavarsi, pettinarsi etc.
Nella BPCO il successo in RR si raggiunge sia con l’ istruzione e l’informazione ma anche con un nuovo stile di vita abolendo il tabagismo, praticando la prevenzione delle riacutizzazioni con le vaccinazioni profilattiche antinfluenzale ed antipneumococcica, terapia con associazioni triple ( LAMA-LABA-ICS E SABA), valutando le comorbidità,valutando le infezioni batteriche e trattando le resistenza, migliorando la nutrizione e con il training di diversi settori muscolari del corpo.Parametri utili in clinica per la diagnosi differenziale tra danno parenchimale ed ipoventilazione alveolare: paO2, paO2/FiO2, pAO2/FiO2, paCO2.
Leggenda: LAMA: longacting muscarinic,antagonists, LABA: long acting beta 2 agonists, ICS: inhaled corticosteroids, SABA: short acting beta2 agonists)
Letture consigliate
-Strategie di Riabilitazione in Pneumologia , Ed.Mattioli 1993
-The importance of defining respiratory muscle fatigue.ARRD,1990,142,274.

Fisiopatologia dello sforzo in RR
Le prove da sforzo servono a valutare la capacità a svolgere un esercizio fisico ma anche a valutare la concomitanza di una patologia cardiaca, neuromuscolare o scheletrica. Vengono utilizzati sensori e microprocessori rapidi per O2 e CO2 interfacciati con spirometri e cicloergometri che campionano e trasformano i dati in parametri espressi in grafici .Monitorando lo sforzo si raggiungono livelli di allenamento muscolare e respiratorio progressivamente crescenti e contemporaneamente si evidenziano eventuali patologie cardiache che potrebbero limitare o addirittura controindicare il programma di riabilitazione respiratoria.In ogni caso il lavoro muscolare nei pazienti cardiorespiratori deve rientrare nell’aerobiosi. I risultati consistono nella migliore tolleranza allo sforzo, riduzione della dispnea conseguenti ad un miglioramento del consumo di ossigeno massimo che consente di valutare la soglia anaerobica, un aumento della differenza artero-venosa di ossigeno, un aumento del flusso ematico agli arti e aumento della ventilazione massima.
Riposo o allenamento dei muscoli respiratori nella BPCO?
La fatica muscolare è dovuta a molti fattori (metabolici, geometrici, meccanici ipossici ed ipercapnici. La fatica muscolare giustifica sintomi quali la dispnea, tachipnea, movimento respiratorio paradosso addominale e l’alternanza respiratoria. La terapia della fatica prevede i farmaci broncotropi adatti a ridurre le resistenze respiratorie, il riposo dei muscoli od il loro allenamento. L’allenamento dei muscoli Inspiratori tende a migliorare la dispnea attraverso un aumento della pressione inspiratoria massima (TI/TT x Pdi/Pdimax), quello dei muscoli espiratori tende a migliorare l’efficacia della tosse. Il riposo dei muscoli respiratori si ottiene tramite ventilazione agevolata con l’aiuto di ventilatori (VMNI).L’allenamento migliora l’endurance e cioè la durata dello sforzo muscolare. Lo sforzo muscolare risente dalla ossigenazione, della gittata cardiaca della concentrazione della Hb e dipende dal metabolismo aerobico dei muscoli..La RR riesce meglio nel paziente ipossico normocapnico in OLTD protratta per molte ore giornaliere ( <8). Nel paziente ipercapnico all’inizio è consigliabile mettere a riposo i muscoli tramite VMNI riducendo al minimo la OLTD.
Dunque riposo o sforzo dei m.respiratori? Si consiglia di iniziare con il riposo tramite NIV , lasciare il tempo necessario perché la terapia della BPCO venga ottimizzata e poi a stabilizzazione avvenuta,( specie broncodilatazione e secrezione) continuare con gli esercizi di allenamento dei muscoli Inspiratori usando i 4 arti. Al mattino procedere con esercizi di drenaggio posturale associata ad aerosol terapia idratamte , mucoregolatrice e broncodilatatrice. Molto facile a dirsi ma è richiesta molta costanza e dedizione nell’apprendere le tecniche di disostruzione bronchiale ed autogestirle. L’allenamento all’esercizio fisico è condizionato dalla limitazione ventilatoria, dalla fatica dei muscoli respiratori e dalla ipertensione arteriosa polmonare che giustificano la dispnea. L’intensa dispnea ai minimi sforzi deve essere differenziata dalla dispnea cardiaca e richiede un aiuto per mettere a riposo i muscoli respiratori. In centri attrezzati si può ricorrere alla ventilazione a pressione negativa intermittente ( VPNI o ENPV ) con corazza, poncho o polmone d’acciaio, vedi BLOG).Durante questo tipo di ventilazione è più facile eseguire esercizi di massima ventilazione in-espiratoria anche con l’ausilio di ossigenoterapia. con ossigeno liquido durante le sedute. Durante questo tipo di protocollo si deve correggere la situazione metabolica e nutrizionale.
Nella BPCO, enfisema, TBC,il denominatore comune è la malnutrizione che determina le seguenti anomalie : la perdita di peso ( riduzione area lipidica al braccio,riduzione della massa magra) cui corrisponde minore forza muscolare  e peggiore prognosi ed a suscettiblità alle infezioni;la carenza di proteine, albumina, transferrina,vitamine  B, folati,riboflavina e tiamina e microelementi Fe, Zn, Mang,Cr,Zn,Se,Cu.;la riduzione della immunità cellulomediata, atività fagocitaria, sottopopolazioni linfocitarie e loro risposte blastogeniche a mitogeni PHA,Con A,PVM e all’anticorpo monoclonale OKT3.
Bibliografia
1.ABILITY OF RETINOIC AND ASCORBIC ACID TO INTERFERE WITH THE
BINDING OF BENZO(a)PYRENE TO DNA IN EXPLANTS FROM DONORS WITH
BRONCHIAL CANCER.M. Bodo, T. Todisco, F. Pezzetti, M. Dottorini, L. Moggi, E. Becchetti.
Oncology 1989;46:178-182.
2.Aspetti nutrizionali del paziente con BPCO in Strategie di Riabilitazione respiratoria. T.Todisco, M.Dottorini , Ed.Mattioli,1993,pag75-78
3. Aspetto nutrizionale ed immunologico dei pazienti con BPCO

M.Dottorini, P.Sarchielli,A.Argentati, A.Vecchiarelli, M.Massucci,F.Fidanza,A.Eslami, T.Todisco Lotta contro la tubercolosi e le malattie sociali Anno LX,N.2, 1990.
4.The body-mass Index, Airfolw Obstruction,Dyspnea and Exercise Capacity Index in COPD B.R.Celli and others The New Engl j Med, Vol 330 n.10 ,1005.
INTERVENTI DI RIABILITAZIONE RESPIRATORIA
La Riabilitazione si è andata sempre più orientando verso interventi specialistici, come nel caso della Fisioterapia e della Riabilitazione Respiratoria.
La Fisioterapia Respiratoria sviluppatasi negli anni ‘50, da attività terapeutica, i cui interventi consistevano principalmente in manovre tese a facilitare l’eliminazione delle secrezioni in eccesso (Drenaggio Bronchiale) ed esercizi respiratori, negli ultimi 15 – 20 anni è arrivata ad assumere un ruolo primario nella gestione dei pazienti con problemi respiratori. Questo attraverso dei programmi globali che data la cronicità, l’evolutività e la potenzialità invalidante della malattia respiratoria cronica, intervengono nei suoi vari aspetti con l’obiettivo non solo di ridurre la sintomatologia ma di migliorare la qualità della vita.
In questa ottica risultano più appropriati i termini di INTERVENTI DI RIABILITAZIONE RESPIRATORIA (pulmonary rehabilitation) e di ASSISTENZA AL PAZIENTE RESPIRATORIO (respiratory care).
I programmi di RIABILITAZIONE RESPIRATORIA, indirizzati tradizionalmente a pazienti con patologie respiratorie croniche come nella Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) in fase di stabilità clinica sono adottati anche in altri ambiti come nelle unità di rianimazione generale e nelle unità di terapia intensiva respiratoria (UTIR) interessando anche i pazienti instabili affetti da patologia primitivamente respiratoria.
Come nei pazienti in fase di stabilità clinica, a maggior ragione in una terapia intensiva o in una UTIR, i programmi riabilitativi devono essere individualizzati da parte di un team interprofessionale di specialisti (interdisciplinary team) composto dal Medico Pneumologo, dall’Infermiere Professionale, dal Terapista della Riabilitazione e da altri componenti quali Psicologo, Psichiatra, Dietista ecc.
I diversi componenti del team devono, condividendo i medesimi valori e obiettivi, operare in modo integrato e coordinato insieme alla persona disabile e alla sua famiglia, partecipando inoltre alla valutazione, pianificazione e alla realizzazione di un progetti riabilitativo di persona.
Nel programma riabilitativo il fisioterapista ha un ruolo significativo e nello adempiere il suo lavoro necessita di competenze specifiche in fisiologia e in fisiopatologia cardiorespiratoria, nei sistemi di monitoraggio, di ventilazione meccanica e nelle metodiche di weaning (svezzamento dalla ventilazione).

OBIETTIVI DI UN PROGRAMMA DI RIABILITAZIONE RESPIRATORIA IN UTIR
I principali obiettivi di un programma di riabilitazione respiratoria in UTIR, sono:

PREVENIRE O CONTRASTARE IL DECONDIZIONAMENTO LEGATO AL PROLUNGATO ALLETTAMENTO;

FAVORIRE LA RIMOZIONE DELLE SECREZIONI BRONCHIALI;

PARTECIPARE AI PROGRAMMI DI VENTILAZIONE MECCANICA;

PARTECIPARE AI PROGRAMMI DI WEANING DALLA VENTILAZIONE MECCANICA.

Prima di addentrarci nella descrizione specifica degli obiettivi, non dobbiamo dimenticare che il paziente che ci troviamo di fronte, presenta una serie di problematiche che non dipendono solo dalla insufficienza respiratori acuta, ma anche dalla malattia di base che l’ha provocata (insufficienza respiratoria cronica, malattie neuromuscolari, interventi chirurgici, traumi, complicazioni di patologie sistemiche). Quindi al declino della funzionalità respiratoria e cardiovascolare, si affianca anche un decadimento dello stato funzionale generale: alterazioni dello stato di coscienza, riduzione della mobilità fino all’allettamento, presenza di piaghe da decubito, alterazione dello stato di nutrizione, drenaggi che possono limitare o obbligare a determinate posture.
Un quadro così complesso impone che qualsiasi nostro atto debba essere preceduto da una attenta valutazione del paziente
La valutazione che parte con la raccolta dei dati della cartella (diagnosi di ammissione, eventuale presenza di patologie associate che possono rappresentare una controindicazione all’esecuzione di alcune tecniche riabilitative, terapia farmacologica in atto che può interferire oppure no sulla respirazione o sulla produzione di secrezione), passa attraverso una valutazione soggettiva (presenza di ipersecrezione bronchiale, della tosse e sua efficacia, crisi respiratorie, dispnea), ed una oggettiva (postura, schema respiratorio del paziente, presenza o meno di una protesi ventilatoria, esame obiettivo della parete toracica per rilevare eventuali segni di stress respiratorio, valutazione dei gas respiratori e dei parametri vitali, , frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, pressione arteriosa, auscultazione polmonare, ed eventuali Rx o TAC del torace, stato nutrizionale del paziente: alimentazione autonoma, nutrizione enterale o parenterale).
Si passerà quindi all’analisi dei problemi cercando di individuare gli obiettivi a breve o a lungo termine e in base a questi stileremo il piano di trattamento.
Tutto questo permetterà un programma riabilitativo individualizzato.
La valutazione che inizia con la presa in carico del paziente, deve andare poi di pari passi con il trattamento l fine di verificare se gli obiettivi sono stati raggiunti.
PREVENIRE O CONTRASTARE IL DECONDIZIONAMENTO LEGATO AL PROLUNGATO ALLETTAMENTO

La prolungata degenza in un ambiente intensivo può portare ad un decondizionamento fisico causato dall’allettamento che conduce il paziente allo sviluppo della “sindrome da immobilizzazione”. A questa può aggiungersi un danno alla motricità provocato da diversi fattori più o meno concomitanti in un malato critico: patologie neuromuscolari, osteoarticolari e cardiopolmonari, malnutrizione, età avanzata, sepsi, utilizzo di farmaci lesivi il sistema neuromuscolare (steroidi, bloccanti neuromuscolari).
L’allettamento e la prolungata inattività danno luogo ad una serie di complicanze che interessano:

IL SISTEMA MUSCOLO – SCHELETRICO (diminuzione della massa e della forza muscolare, demineralizzazione ossea);

IL SISTEMA CARDIOVASCOLARE (diminuzione della gettata cardiaca, elevato rischio di trombosi);

IL SISTEMA NERVOSO CENTRALE (alterazione dell’equilibrio e disorientamento);

IL SISTEMA RESPIRATORIO (diminuzione della capacità funzionale residua, diminuzione della compliance polmonare, facilità di ingombro bronchiale, atelettasie, polmoniti);

LA COMPOSIZIONE CORPOREA (perdita di peso e aumento della percentuale di massa grassa, perdita di proteine);

Per ultimo ma non di secondaria importanza è la comparsa di ulcere da decubito frequenti in particolare nei pazienti anziani.
Tutte queste ragioni permettono di comprendere quanto sia importante che la mobilizzazione faccia parte del programma di riabilitazione respiratoria.
La mobilizzazione deve essere precoce, compatibile con la situazione clinica del paziente e procedere gradualmente per tappe successive.
Si parte da un corretto posizionamento, che prevede l’allineamento posturale e il cambio periodico di posizione, per ottimizzare la ventilazione, prevenire i decubiti, le retrazioni muscolari e le limitazioni articolari; si prosegue con la mobilizzazione degli arti superiori ed inferiori, non solo passiva ma che diventi quanto prima attiva-assistita e attiva tenendo conto delle condizioni specifiche del paziente.
Il programma comporta anche l’individuazione di modalità per l’allenamento ai trasferimenti: girarsi su un fianco, mantenimento attivo della stazione seduta, dapprima nel letto e poi in poltrona, e quando il paziente è in grado la stazione eretta e il cammino.
Notevole è l’influenza del cambiamento di posizione e della mobilizzazione sull’apparato respiratorio:
Abbiamo un aumento della capacità funzionale residua (CFR) ovvero del volume aereo normalmente presente nelle vie aeree – polmone nel passaggio dalla posizione supina a quella seduta ed eretta. Lo stesso avviene nel passaggio dalla posizione supina a quella prona.
La posizione semiseduta riduce la tendenza alle atelectasie delle regioni basali del polmone.

La postura determina inoltre una modificazione:

delle resistenze regionali;
della distribuzione della perfusione polmonare;
della distribuzione della ventilazione regionale che portando ad una variazione dei flussi e dei volumi polmonari causa un incremento della mobilizzazione delle secrezioni e la riespansione polmonare.

L’esercizio muscolare aumenta la ventilazione e favorisce il trasporto di ossigeno

Concludiamo dicendo che la mobilizzazione è finalizzata a:

prevenire – ridurre gli effetti negativi relativi al prolungato allettamento

disostruzione – riespansione polmonare

Il terapista deve, durante il trattamento, osservare sempre attentamente il paziente in maniera di saper cogliere eventuali segni di dolore o affaticamento e contemporaneamente devo osservare le apparecchiature utilizzate per monitorizzare i parametri vitali come:
Pressione Arteriosa (PA), Frequenza Cardiaca (FC), frequenza Respiratoria (FR), Saturazione di Ossigeno (SaO2) per evidenziare eventuali segni di stress respiratorio o cardiovascolare.
INTERVENTI DI DISOSTRUZIONE BRONCHIALE

La Disostruzione Bronchiale ha un ruolo importante in una UTIR dove una delle manifestazioni più frequenti nei pazienti è il ristagno e l’accumulo di secrezione. Questa situazione è da ricondurre a diversi fattori:
Alterazione dei meccanismi di Clearance mucociliare (infezioni ricorrenti, farmaci, aspirazione);
Compromissione del meccanismo della tosse (presenza di tubo endotracheale, riduzione della forza muscolare e dei volumi polmonari, dolore);
Diminuzione della ventilazione (mancanza di variazione di postura, alterato schema respiratorio, compromissione muscolare, ostruzione).

Gli effetti della Disostruzione Bronchiale (DB) sono:
favorire la rimozione delle secrezioni;
migliorare l’ossigenazione ematica;
prevenire le infezioni;
riespandere segmenti polmonari atelettasici;
diminuire le resistenze al flusso aereo e di conseguenza il lavoro respiratorio.

Diverse sono le tecniche di cui la Fisioterapia respiratoria si avvale per ridurre l’ostruzione bronchiale.
La scelta della metodica più idonea non dipende dal tipo di patologia ma dalla sede, tipo, natura e grado di ostruzione nonché dai sintomi.
Per questo motivo diventa fondamentale che il trattamento sia preceduto da una attenta valutazione del paziente che deve avvalersi, oltre alle prove di funzionalità respiratoria (PFR), radiografie del torace, in particolare della Auscultazione.
La Auscultazione consiste nell’ascoltare i rumori respiratori, che sono prodotti dalle secrezioni, direttamente alla bocca o mediante fonendoscopio e di mettere in relazione con la loro sede di origine.
la Auscultazione non ha una valenza diagnostica come nella pratica medica, ma rilevando i sintomi, che sono appunto rappresentanti dai rumori respiratori, deve guidare il fisioterapista nella scelta, applicazione e successiva verifica della tecnica utilizzata permettendoci di agire in maniera in maniera selettiva i vari livelli dell’apparato respiratorio.
I rumori respiratori che dobbiamo saper riconoscere sono:

Il rumore respiratorio normale (normal breath sound) o “murmore vescicolare”:
la cui riduzione o abolizione è indice di una polmonite, di una atelettasia, o di un versamento pleurico;

I rumori aggiunti o patologici:
I sibili (fischi, gemiti o ronchi) indici di un’ostruzione dovuta ad edema o broncospasmo della mucosa bronchiale e che devono necessariamente orientare verso una terapia broncodilatatrice;
crepiti o rantoli: a grosse, medie o piccole bolle, che indicano la presenza di secrezioni rispettivamente nelle vie aeree di conduzione di grande, medio o piccolo calibro che dovremo rimuovere con l’intervento fisioterapico.
Fa parte del programma di fisioterapia respiratoria anche l’aereosol terapia, che si avvale di farmaci broncodilatatori, steroidi, antibiotici o sostanze che diminuiscono la fluidità del muco.
La gestione di questa terapia, la cui prescrizione è di competenza del medico, deve essere condivisa all’interno del team interdisciplinare dai fisioterapisti in collaborazione con il personale infermieristico.
La somministrazione dell’aereosol terapia può avvenire più volte al giorno ed è preferibile che preceda la seduta di fisioterapia. Questo per predisporre l’apparato respiratorio nelle migliori condizioni per sfruttare i flussi aerei a scopo terapeutico o proteggere dal rischio di una ostruzione a causa dello stress di alcune tecniche fisioterapiche.
Il fisioterapista che si occupa di fisioterapia respiratoria non può ignorare delle conoscenze di base quali:
il nome del principio attivo e il nome commerciale del farmaco;
il tempo e la durata di azione;
la sequenza e l’ordine di somministrazione dei farmaci in relazione alla seduta di fisioterapia;
i principi di funzionamento degli apparecchi: nebulizzatori con compressore, erogatore di aereosol pressurizzato e predosato (pMDI), spaziatori, inalatori di polvere secca e loro vantaggi e svantaggi;
il mezzo più efficace di somministrazione dell’aereosol in relazione all’età del paziente;
la modalità più corretta di respirare utilizzando glia apparecchi per aereosol;
le norme igieniche (pulizia, disinfezione, sterilizzazione).
TECNICHE DI DISOSTRUZIONE BRONCHIALE

Nel panorama della Disostruzione Bronchiale, per anni la “Chest Physiotherapy” (CP) o “Chest Physical Therapy” (CTP) ha rappresentato il “gold standard” nella clearance delle vie aeree ed include: esercizi respiratori, drenaggio posturale, percussioni, vibrazioni, tosse o stimolazione della tosse.
In questa combinazione di tecniche effettuata allo scopo di incrementare il trasporto delle secrezioni, l’azione preminente è rappresentata dal drenaggio posturale.
Il drenaggio posturale “consiste nel fare assumere al paziente delle posture ben definite in modo che il bronco tributario di un determinato lobo o segmento polmonare sia posto in posizione verticale in favore cioè dlla forza di gravità”.
Le secrezioni vengono in questo modo convogliate dai grossi bronchi verso la trachea e qui eliminate con la tosse, l’espirazione forzata o la bronco aspirazione. Percussioni e vibrazioni, che possono essere manuali o ottenute con l’ausilio di apposite attrezzature, hanno lo scopo di favorire il distacco e lo spostamento delle secrezioni lungo l’albero respiratorio.
Le controindicazioni e gli effetti collaterali sono da ricondursi all’uso della postura declive (TrendelBurg) e delle percussioni e vibrazioni. Ricordiamone alcune:
IPOSSEMIA (in particolare nelle posture a testa in giù)
ARITMIE (pazienti anziani e portatori di patologie cardiache acute o croniche)
BRONCOSPASMO (in particolare con le manovre di percussione)
REFLUSSO GASTRO ESOFAGEO (neonati)
CONTUSIONI (fratture costali determinate dalle manovre di percussioni)

Il presupposto razionale su cui si basa il Drenaggio Posturale (DP), cioè che la forza di gravità abbia un effetto diretto sul distacco delle secrezioni, è stato messo in discussione.
i lavori presenti in letteratura che valutano la claerance mucosa, dopo aver assunto aereosol radioattivo per marcare le secrezioni, pur confermando la validità del DP nell’incrementarne la rimozione non specificano in realtà la provenienza delle secrezioni: se dai distretti polmonari antideclivi (quelli posti in alto) o da quelli declivi (quelli posti in basso).
Solo un lavoro (Lannefors, 1982) prende in considerazione una sola posizione di DP, quella deputata alla pulizia del lobo medio (fianco sinistro e letto inclinato di 15° a testa in giù), e analizzando separatamente i due polmoni destro e sinistro, osserva sorprendentemente che la posizione utilizzata per pulire il polmone destro si è rilevata più efficace nel favorire la rimozione del muco, sul polmone sinistro in sette dei nove pazienti osservati.
Studi effettuati nel 1987, dal terapista belga G. Postiaux, che paragona il mantenimento di una sola postura di drenaggio in decubito laterale destro con la manovra del ELTGOL (Espirazione Lenta, Totale, a Glottide Aperta in decubito Laterale) ponendo il polmone da drenare in posizione declive, affermano che contrariamente a quanto dedotto, la forza di gravità non h un ruolo fondamentale sull’eliminazione delle secrezioni, ma addirittura che queste risalgono contro gravità. Venendosi a creare nel polmone declive un maggior flusso di aria che favorisce la sua epurazione.
Se ne deduce che la gravità non ha una influenza diretta sulle secrezioni, ma al contrario possono essere coinvolti altri meccanismi.
In effetti, la gravità influenza la ventilazione polmonare regionale e i volumi.
L’incremento della claerance è dovuto da una variazioni di flussi e di volumi polmonari, come conseguenza di modificazioni regionali indotti dalla postura.
Accanto al DP, che per anni ha mantenuto una posizione preminente, si sono affiancate altre tecniche nate dalla necessità:
di offrire al paziente un trattamento più qualificato e mirato
migliorare la qualità della vita, dando la possibilità al paziente di gestire autonomamente la propria malattia
presentare una migliore tollerabilità e una minore aggressività.

Le tecniche di Disostruzione Bronchiale le possiamo suddividere in:
TECNICHE CHE AGISCONO SUI VOLUMI
TECNICHE CHE SFRUTTANO I FLUSSI

TECNICHE CHE AGISCONO SUI VOLUMI
Sfruttano un fenomeno fisiologico. Si è accennato a come la postura possa influire sul volume polmonare statico regionale: in stazione eretta, la pressione intrapleurica è più marcatamente negativa a livello delle regioni antideclivi (poste in basso) rispetto a quelle declivi, questo fa si che, a capacità funzionale residua (CFR), gli alveoli che si trovano nelle regioni superiori del polmone si presentano più espansi, avendo una maggiore quantità di volume. Questo avviene anche nelle altre posture: supino, prono e decubito laterale.
Se il nostro scopo è recuperare dei volumi polmonari, o perchè vogliamo espandere una regione polmonare atelettasica, o fare arrivare area in distretti molto periferici dove i flussi aere sono ridotti, si dovrà posizionare il polmone da trattare in posizione antideclive (in alto) per sfruttare la maggior distensione ed espansione che si ha in queste zone. Oltre a questo si sfrutta anche un altro fenomeno che è quello della interdipendenza al violare: se un alveolo tende a collassare, lo stiramento degli alveoli circostanti, ne facilita la riespansione grazie ad un fenomeno di trazione.
Questo è possibile attraverso il posizionamento: se un paziente ha una atelettasia del lobo medio, dovremo posizionare il paziente in decubito laterale sinistro e in questa postura eseguire le manovre riespansive.

TECNICHE CHE SFRUTTANO I FLUSSI
Partono dal presupposto che il flusso aereo sia determinante nel rimuovere le secrezioni.
Anche qui si sfrutta un fenomeno fisiologico: quello secondo il quale la postura influenza la distribuzione regionale della ventilazione polmonare.
Abbiamo detto precedentemente che in posizione eretta, la pressione pleurica è più marcatamente negativa nelle regioni declivi, questo fa si che, ha CFR gli alveoli, in corrispondenza di queste zone, sono meno espansi rispetto a quello delle zone antideclivi.
Quando inneschiamo un atto respiratorio, partendo da CFR, gli alveoli delle zone declivi, essendo meno espansi, sono quelli che subiscono maggiori modificazioni di volume esono perciò più ventilati.
Questo avviene in tutte le posture con alcune eccezioni: pazienti ventilati meccanicamente, neonati e obesi.
L’incremento della ventilazione dà origine al flusso d’aria che contribuisce allo spostamento delle secrezioni. Questo meccanismo è determinato dalla interazione del flusso aereo con il liquido viscoso (muco) che ne determina lo spostamento. questa azione si manifesta principalmente in fase espiratoria già a respiro tranquillo e si accentua con l’iperventilazione.
Nel caso in cui avessimo un ristagno di muco a livello del polmone destro, per favorire la mobilizzazione delle secrezioni, porremmo il nostro paziente in decubito laterale destro e da qui lo faremmo ventilare: in tal modo il flusso aereo prodotto mi sposterebbe le secrezioni.
le tecniche che sfruttano i flussi si possono ulteriormente suddividere in:

TECNICHE CHE SI FOCALIZZANO SULLA FASE INSPIRATORIA
TECNICHE CHE SI FOCALIZZANO SULLA FASE ESPIRATORIA

Il meccanismo di queste tecniche è quello di ottenere una importante positivizzazione della pressione alveolare. Ne fanno parte i respiri profondi e la Spirometria Incentivante.
La Spirometria Incentivante nasce in America nel 1970 specificatamente per trattare le sindromi restrittive post – operatorie. viene realizzata tramite degli ausili, gli incentivatori, che possono essere di volume (Coach, Voldyne) o di flusso (Triflow, Inspirease).
Il meccanismo di azione è il seguente: si tratta di inspirazioni lente che agiscono principalmente sulla periferia polmonare.
Gli incentivatori di volume sono quelli di elezione in quanto avendo un tempo inspiratorio più lungo (al contrario degli incentivatori di flusso), permettono una distribuzione dell’aria anche in quelle zone di parenchima che, a causa dell’ostruzione, richiedono un tempo maggiore per essere ventilate.
Questa tecnica è stata sfruttata dal terapista belga Postiaux nel trattamento delle polmoniti, chiamandola EDIC (Esercizio a Flusso Inspiratorio Controllato). In questo caso, l’incentivatore di volume è utilizzato posizionando il paziente in decubito laterale sul lato opposto rispetto quello da trattare si realizza con una inspirazione lenta portata fino a livelli di capacità polmonare totale, con apnea teleinspiratoria (si sfruttano le forze di trazione ed espansione polmonare).
Nei pazienti in rianimazione, dove non si ha la possibilità di richiedere respiri profondi, ci si avvale dell’intervento della insufflazione meccanica.
In questo caso entriamo nell’ambito della disostruzione con apparecchi meccanici: l’insufflazione meccanica si utilizza quando c’è una alterazione della tosse che riguarda la fase inspiratoria e consiste nell’applicazione di una pressione positiva alle vie aeree. L’assistenza inspiratoria può avvalersi di:
protesi non invasive (boccagli, maschere nasali o facciali)
protesi invasive (tubo tracheale o canula tracheotomica)
e può essere effettuata manualmente (pallone ambu) o per mezzo dei ventilatori meccanici. L’insufflazione, oltre che per eliminare le secrezioni, viene effettuata anche con le finalità di riespandere aeree polmonari poco ventilate o escluse dalla ventilazione.
All’insufflazione si fa seguire la manovra di assistenza alla tosse con spremitura toraco – addominale.
Questo tipo di intervento risulta utile nei pazienti con capacità vitale inferiore ai 1500ml. e picco espiratorio di flusso durante la tosse ridotto.
L’aumento del volume polmonare ottimizzando il rapporto tensione – lunghezza dei muscoli espiratori aumenta la loro capacità di generare forza.
Un altro dispositivo utilizzato è In – exsufflator (cof – flator) che aiuta il paziente nella rimozione delle secrezioni, quando a causa di una marcata riduzione di forza dei muscoli inspiratori ed espoiratori non è in grado di espettorare validamente nè con assistenza inspiratoria meccanica nè con assistenza manuale alla tosse (pazienti neuromuscolari).
Consiste nell’applicazione graduale di una pressione positiva seguita da una repentina commutazione ad una pressione negativa che riempiendo meglio in fase inspiratoria il soggetto, fanno si che si realizzi un volume di partenza maggiore.

TECNICHE CHE SI FOCALIZZANO SULLA FASE ESPIRATORIA
Nell’applicazione di queste tecniche l’obiettivo è quello di ricercare un giusto equilibrio tra la pressione presente all’esterno e quella all’interno delle vie aeree in modo che l’aria subisca una accelerazione responsabile della mobilizzazione delle secrezioni.
Le elenchiamo:

TOSSE
E’ un meccanismo fisiologico che permette la rimozione delle secrezioni bronchiali.
Per essere efficace devono realizzarsi:
GRANDI FLUSSI + ELEVATA VELOCITA’ DELL’ARIA
La sua azione si esplica soprattutto a livello delle vie aeree prossimali non otre la sesta – settima generazione bronchiale nell’adulto e la terza – quarta nel bambino. La postura e la sedazione del dolore influenzano il meccanismo della tosse e soprattutto il fatto di avere una tosse efficace. Per quanto riguarda la postura c’è un aumento dei volumi e dei flussi polmonari dalla posizione supina a quella seduta. E’ da tenere in considerazione anche la qualità della tosse che deve essere sempre controllata ed efficace per un minor sforzo dei pazienti.
Abbiamo tre modalità di tosse:
Tosse su richiesta: quella che il terapista chiede al paziente collaborante
Tosse provocata: tosse riflessa a cui si fa ricorso nel non collaborante con stimolazione dei recettori meccanici a livello oro faringeo o della trachea
Tosse assistita: manovre per produrre una tosse efficace mediante assistenza a livello del torace e dell’addome là dove il paziente da solo non è in grado do produrla.

FET (Tecnica della Espirazione Forzata):
E’ una Espirazione Forzata ma non violenta fatta contraendo la muscolatura addominale e mantenendo la bocca e la glottide bene aperta. Si parte da un respiro appena più alto del volume corrente, e si va verso il volume residuo senza esagerare in maniera da non provocare broncospasmo. La FET non deve scatenare la tosse. Il suo meccanismo di azione si basa sul fenomeno della compressione dinamica delle vie aeree. La sua efficacia, come per la tosse, è a livello delle vie aeree prossimali.
ELTGOL:
E’ un’espirazione lenta , totale, a glottide aperta in decubito laterale.
Parte da un livello espiratorio di riposo, quindi da CFR, fino ad arrivare a VR. Questa tecnica rivede il concetto di DP o gravitazionale e sostiene che le secrezioni eliminate nel corso di manovre respiratorie eseguite in decubito laterale provengono in gran parte dal polmone infralaterale, secondo la fisiologia della ventilazione che si basa sul concetto che gli alveoli delle regioni basali gravità – dipendenti subiscono una maggiore variazione di volume, cioè sono più ventilati ad ogni atto respiratorio. Durante questa manovra si ottiene una deflazione massima del polmone imfralaterale con un’efficace clearance delle secrezioni dalle vie aeree medie.
Speculare all’ELTGOL e l’EDICT (di cui abbiamo parlato esercizio a flusso inspiratorio controllato) che tratta l’estrema periferia polmonare. Si tratta di un’ispirazione lenta portata fino ai livelli di capacità polmonare totale, con apnea teleinspiratoria, in decubito laterale sul lato opposto a quello da trattare (si sfruttano le forze di trazione ed espansione polmonare9.
DRENAGGIO AUTOGENO
E’ una tecnica di “autodrenaggio” che utilizza principalmente il flusso espiratorio per mobilizzare le secrezioni.
L’obiettivo è quello di ottenere una velocità di flusso più elevata possibile nelle generazioni bronchiali senza eseguire una espirazione forzata, ma regolando la “forza” con cui avviene l’espirazione. Modificando il livello del volume di aria inspirata ed espirata, il muco si stacca dapprima dalle pareti bronchiali periferiche (fasi del distacco), poi sale verso la trachea (fase della raccolta) e da qui guidato verso la bocca ed eliminato (fase dell’espettorazione).
Permette di regolare il proprio respiro in modo da sfruttare i meccanismi fisiologici che provocano la rimozione e l’eliminazione del muco.

TECNICHE CHE UTILIZZANO L’APPLICAZIONE DI UNA PRESSIONE ESPIRATORIA POSITIVA

I sistemi PEP comprendono i diversi ausili:
CPAP che è progenitrice
PEP mask
FLATTER
Bottiglia d’acqua con il tubo

Il meccanismo d’azione si basa su un ostacolo alla fuoriuscita dell’aria dalla bocca, cioè su un carico espiratorio.
La CPAP è l’applicazione dell’effetto PEP al paziente in respiro spontaneo solo durante l’espirazione.
MECCANISMO D’AZIONE
La contropressione in fase espiratoria contrasta la fisiologica tendenza alla diminuizione del calibro delle vie aeree e permette una espirazione più prolungata, nello stesso tempo viene attivata la ventilazione collaterale per cui l’aria riesce a passare attraverso vie alternative aggirando l’ostruzione. In questa maniera sposta le secrezioni dalla periferia verso le vie aeree centrali, dove con la FET o con la tosse le secrezioni sono eliminate. Questo avviene con un volume di aria pari a quello corrente, il che permette di rendere accessibile questa metodica anche ai pazienti non collaboranti.
Scopo del trattamento
Trattare la periferia polmonare altrimenti non accessibile;
Reclutare – riespandere la periferia polmonare ostruita;
Spingere le secrezioni dalla periferia polmonare verso le vie aeree centrali.

Controindicazioni
pneumatorace spontaneo non drenato
asma in fase acuta
emoftoe

VENTILAZIONE MECCANICA NON INVASIVA

Nel trattamento dell’insufficienza respiratoria acuta e cronica, sono state introdotte delle tecniche di ventilazione meccanica non invasiva, secondo due modalità che sono quelle che preferenzialmente sono utilizzate nelle UTIR:
– ventilazione meccanica non invasiva a pressione positiva (NPPV) effettuata per mezzo di maschere facciali, nasali o orali, che riduce la necessità di intubazione endotracheale e le complicanze a questa legate, in pazienti selezionati con insufficienza respiratoria cronica riacutizzata secondaria a broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).
– ventilazione non invasiva a pressione negativa(NPV) con polmone di acciaio usata nel trattamento di pazienti BPCO con grave insufficienza respiratoria e alterazione dello stato di coscienza.

Nella assistenza alla ventilazione meccanica non invasiva, le prime fasi del trattamento sono quelle cruciali e che richiedono la presenza continua del fisioterapista e del l’infermiere professionale e dove sono fondamentali:
il monitoraggio del paziente che prevede l’analisi dei gas arteriosi (emogasanalisi, ossimetria) e il controllo della frequenza respiratoria (FR), della pressione arteriosa (PA) e dell’elettrocardiogramma (ECG), per valutare l’efficacia del trattamento ed eventuali effetti collaterali
la preparazione e l’assistenza al paziente che nel caso della ventilazione non invasiva a pressione positiva prevede: il corretto posizionamento del paziente (posizione semiseduta o seduta), colloquio con il paziente del tipo di trattamento che si intende effettuare, scelta della interfaccia in base al tipo di respirazione del paziente (nasale o boccale), anatomia del viso e del naso, corretto posizionamento della maschera, valutazione della risposta soggettiva e oggettiva. Rassicurazione del paziente (supporto psicologico), rimozione – aspirazione delle secrezioni bronchiali, riconoscimento veloce degli effetti collaterali.

In questa ottica il team interdisciplinare è fondamentale e può determinare il successo della terapia. Non sono molte le realtà nelle quali il fisioterapista partecipa alla ventilazione meccanica non invasiva, a differenza del NordAmerica dove esiste la figura del fisioterapista respiratorio e l’approccio motorio e respiratorio sono separati.
E’ auspicabile anche in Italia ed anche in Europa, il fisioterapista dedicato alla funzione respiratoria, sia una figura sempre più specialistica e questo deve necessariamente passare attraverso un adeguata formazione che permette di acquisire le competenze teorico – pratiche per poter eseguire una adeguata assistenza alla ventilazione meccanica non invasiva come alle metodiche di weaning dalla ventilazione meccanica.

 

 

WEANING DALLA VENTILAZIONE MECCANICA

Lo svezzamento è la capacità di respirare spontaneamente, dopo un periodo di respirazione meccanica, con una saturazione a differenti FiO2 > del 90% e assenza di segni di fatica muscolare o respiratoria.
I fattori che favoriscono lo svezzamento sono:

stabilità clinica
integrità del sensorio
capacità di espettorare e tosse efficace
assenza di disturbi della deglutizione

La riabilitazione respiratoria prevede una ottimizzazione della terapia farmacologica, un adeguato programma di mobilizzazione delle secrezioni, e di mobilizzazione precoce per prevenire l’ipotrofia e il decondizionamento dei muscoli incluso quelli respiratori.
L’assistenza durante lo svezzamento deve essere organizzata mediante dei protocolli in cui le modificazioni della terapia riabilitativa sono una diretta conseguenza della rilevazione obiettiva delle variabili cliniche del paziente.
Il paziente sottoposto ad un monitoraggio giornaliero della funzionalità respiratoria, se soddisfa a determinati parametri, viene avviato al processo di svezzamento. Viene impostato quindi un trial di respirazione spontanea in cui il medico interviene nel caso vi siano segni di stress respiratorio.
se il paziente è in grado di respirare spontaneamente per più di due ore, il trial viene concluso con successo. Nel caso in cui intervengano fattori negativi come: aumento della frequenza respiratoria (> di 35 respiri al minuto), rilevazione all’ossimetria di una saturazione di ossigeno < del 90%, aumento della frequenza cardiaca oltre i 145 battiti al minuto, aumento della pressione arteriosa, agitazione e ansia, il paziente viene ricollegato alla ventilazione meccanica ed inizia un protocollo di svezzamento prolungato.
Come nel caso dell’assistenza alla ventilazione meccanica non invasiva, non in tutte le realtà il fisioterapista partecipa a questo processo.

Si desume l’importanza assunta dal fisioterapista all’intero del team interdisciplinare, che deve essere sempre più coinvolto nella gestione della ventilazione non invasiva e nei processi di svezzamento, auspicando che la figura del terapista respiratorio acquisti una sua valenza professionale.
BIBLIOGRAFIA

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